giovedì 27 aprile 2017


PRESENZE


Silenziosi compagni di viaggio, inutili e perfino dannosi all'apparenza, quei ricordi che ormai da anni la perseguitavano costituivano al tempo stesso l'unica prova della sua sopravvivenza.
E aveva bisogno di prove.
Era necessario avere la percezione che la sua anima, pur scomposta nei mille e mille aspetti della sua complessità, quell'anima era ancora pronta a dare un segno della sua vitalità.
Chi l'avesse vista nel chiuso della sua casa isolata, una sorta di rifugio nel quale si era ritirata da qualche anno, avrebbe certamente compreso.
Si fermò, uno sguardo istintivo verso il cielo. Pioveva forte. Nubi basse e minacciose.
L'inseparabile compagna di viaggio -la radio anni cinquanta accesa sulla libreria che occupava tutta la parete di fronte alla finestra- rimandava l'eco di una vecchia canzone d'amore.
Un ricordo dolcissimo a cui poteva ora aggrapparsi. E da quel ricordo cominciò il suo viaggio a ritroso nel tempo.
Chiuse gli occhi.
La calma cominciò ad avvolgerla e penetrò tutta dentro di lei.
Un sospiro che pareva una liberazione fece uscire la tensione di quegli ultimi giorni. Una tensione che solo poco tempo prima pareva vinta e superata. Una tensione che subdolamente, all'improvviso, era riemersa da quell'angolo del profondo e dello sconosciuto che si chiama Paura.
Si lasciò andare.
Sdraiata sul divano, non si accorse che lui la stava guardando. Non poteva percepirne la presenza, forse non lo sapeva fare.
Da molti anni anni viveva ormai tutta centrata su se stessa, tesa com'era a creare una seppur sottile barriera tra il dolore e lei.
Seduto sulla poltrona che occupava la zona lettura del salotto, come sempre molto composto nel suo portamento dentro a quel completo blu con camicia bianca e cravatta dello stesso colore dell'abito, Lorenzo ammirava la sua bellezza ancora così luminosa.
I lunghi capelli biondi ne avvolgevano il volto che bene esprimeva la forza e la personalità che da sempre lui conosceva.
E quelle mani che lo avevano accarezzato per poco soltanto rispetto al tempo del possibile. Asciutte e cariche d'amore e di silenziosa e talvolta disperata solitudine.
La guardava con la malinconia del tempo andato, della giovinezza e dell'amore sfioriti.
C'era una bellissima fotografia appesa alla parete, proprio accanto alla porta.
Era inverno, una giornata di sole e vento. Stavano vicini alla ruota del timone della barca a vela.
Sorrise con quel poco di pacata e perfino dolce nostalgia che suscita un ricordo ormai lontano, quasi sbiadito e come annullato dal tempo.
Sarebbe stata quella l'ultima fotografia insieme, lo ricordava bene.
"...sono qui..." avrebbe voluto sussurrarle.
Ma non osò turbare la religiosità di quel momento che apparteneva solo a lei, dopo anni di fatiche e sofferenze anche fisiche.
Rimase in silenzio e la avvolse con il calore intenso e delicato di tutta la sua energia.
La pioggia intanto era diminuita di intensità.
A ponente le nubi sembravano diradarsi e iniziava a riapparire la costa.
Il sole,ormai prossimo al tramonto, creava un effetto surreale sull'intero golfo ed era insolitamente tersa l'aria, in una atmosfera che la pioggia e il vento avevano sapientemente preparato.
C'era qualche nave all'ancora in rada.
E un traghetto pareva guadagnare a fatica l'imboccatura del porto di Genova.
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