domenica 19 marzo 2017


COLLINA D'ORO



"…Accadeva che tutte le domeniche in cui non rientravo in Italia facessi la mia passeggiata tra i colori e i profumi della vegetazione che andava espandendosi nel pieno della primavera.  Scendevo i gradini di casa e poi, in successione, quelli di “Scarinada de San Nazée”, dove ero venuto ad abitare da quando erano iniziati  i lavori di smantellamento dei vecchi edifici e di  sbancamento  del terreno su cui la famiglia per cui lavoravo a quel tempo avrebbe costruito in seguito  la nuova residenza. 

Incontravo qualche gatto di rientro dalla caccia notturna e ancora in appostamento per tendere il proprio agguato ai merli che volavano tra gli alberi e tra i cespugli  e le macchie fiorite, in cerca di cibo. Svoltavo a sinistra , giù verso il voltone della piazzetta fino a raggiungere, in qualche decina di metri, la casa che era stata abitazione  di Hermann Hesse e che era diventata il museo nel quale mi piaceva ogni tanto entrare per respirare antiche e mai disperse energie.
La strada si faceva di lì a poco viottolo e, tra alberi e muretti, proseguiva fino a raggiungere una radura.
Raggiunta la panchina, mi sedevo respirando l’aria già tiepida che il sole appena alzatosi da dietro il Monte Generoso trasformava in  una carezza sublime per il corpo e per l’anima.
Montagnola - questo il nome della cittadina posta a meno di duecento metri di altitudine sul lago di Lugano, in Collina d’Oro - , da quella parte era affacciata sulla diramazione del lago  che guarda a levante, con la vista che si perde sulle montagne bergamasche appena dietro Porlezza e, in lontananza in una leggera foschia, verso le cime innevate del gruppo dell’Adamello.
Me ne stavo così, per mezze ore intere, in silenzio e contemplazione del tutto e di ogni particolare, ogni volta diverso, ogni attimo diverso.
Il rumore lontano delle poche auto che a quell’ora  transitavano sulla autostrada sottostante non disturbava ancora e costituiva anzi un elemento di contatto con la realtà. 
Già, perché fantasticare, fino ad essere rapiti dalla dimensione, diventava quasi spontaneo in quel contesto. 
Ricordo che mi prendeva una pace interiore come pochi luoghi hanno mai stimolato. E ho viaggiato molto, cambiando molte abitazioni, quasi tutte in sintonia con la mia personalità.
Eppure quel posto mi era così congeniale! Come anche era stato, fino a poco tempo prima, vivere nel vecchio  rustico in riva al lago, con le finestre affacciate sul giardino in cui imperavano, facendo bella mostra di sé, i cespugli di ortensie dai colori accattivanti, insieme al fico e all’ulivo e alle palme a fianco del canneto. Per non dire dei due aceri che erano come  tavolozze di colori degne del miglior pittore e  che rapivano - mi rapivano-  nel contesto del giardino.
Tempo fa, con l’occasione di una ricerca sulle opere di Hermann Hesse, sono stato colpito da una fotografia dello scrittore proprio in prossimità di quella stessa  panchina a Montagnola.
Così sono andato a rovistare  nel mio archivio elettronico di fotografie e finalmente ho ritrovato quella scattata, tra le tantissime, quasi con la stessa  prospettiva.
Ho sorriso e mi sono compiaciuto, nella considerazione che la sintonia che istintivamente cerchiamo è sempre, per così dire, in diligente ed amorevole attesa di compimento.
Si tratti di rapporti tra vivi o di rapporti con energie che hanno valicato il confine della materia e  solo diversamente si relazionano con noi. Dipende poi soltanto, da ognuno di noi, consentire a questa energia di confondersi con la nostra e diventare unità, restando al contempo individualità.
Domani, ineluttabile come solo in Natura accade, festeggeremo l’equinozio di primavera: sarà un po’ più speciale di altri per me, come speciale era quel panorama in quel tempo, con quel  me stesso che  ero e  che rappresentava conseguenza e sintesi di quel che ero stato fino ad allora e in quei luoghi. E, insieme, preludio a quello che sono e in questi luoghi  del tempo corrente.
Così funziona.
Ed è anche una domanda…” 

( da “Racconti” rs)