mercoledì 5 aprile 2017

PRIMAVERA ROMANA .... e così ho girovagato per le vie del quartiere Cinecittà, in cerca di negozi dove comprare una paio di regalini per i figli dei miei amici. È uno dei molti quartieri popolosi e anche un po' caotici della città eterna ma basta, come dire, estraniarsi dal contesto per apprezzare quel che c'è di bello e valutare quanto altro potrebbe essere fatto se solo ci fosse buona volontà da parte di ognuno. Prima di pranzare decido di farmi un giro nel Parco degli Acquedotti, che sta proprio in fondo a viale Giulio Agricola. Uno degli accessi passa vicino alla società bocciofila , nel cui capannone ci sono già abili giocatori che in schietto romanesco certo non si risparmiano strali e improperi all'indirizzo di avversari e compagni. Supero la prima cinta di mura attraverso uno dei varchi e inizio a passeggiare in mezzo al verde, accompagnato dal canto di uccellini e merli che svolazzano da una pianta all'altra, quasi rincorrendosi. C'è tutta una società che si muove dentro al parco. Le mamme con i loro piccoli ancora in carrozzine e passeggini lasciano a volte il passo a qualche ciclista preso evidentemente in gare contro il tempo. Più uomini che donne accompagnano i cani a compiere vere e proprie scorribande tra l'erba già alta, assaporando così per qualche ora il piacere della libertà. Sulle panchine ancorate al terreno qua e là , alcune sotto l'ombra degli alberi e altre al sole, stanno gli anziani. Chi a leggere il giornale, chi un libro, chi a guardare semplicemente intorno e chi infine a sonnecchiare, con la testa penzoloni e la bocca spalancata, come non vorresti mai che qualcuno ti vedesse. Sento, in lontananza, il suono accattivante dell'acqua che scorre, probabilmente un piccolo ruscello che si perde tra qualche sasso e la distesa verde del prato. Cerco anch'io una panchina sulla quale sedermi al cospetto di quel che resta dell'antico acquedotto. Salgo su una sorta di argine da cui appare bene la vastità del parco e cammino lentamente sullo sterrato. Un ulivo richiama la mia attenzione e vedo, a fianco, in sequenza, altre piccole piante di ulivo messe a dimora forse da non molto tempo. Ognuna di esse porta un cartellino con un nome: Franco, Elsa, Claudia, Marco..... mi viene da pensare che siano i nomi di bambini e bambine di una qualche scuola dei dintorni che abbiano vissuto l'emozionante esperienza di interrare una pianta, e meglio ancora un ulivo, per vederla cresciuta tra qualche anno e magari sedervisi sotto nelle assolate e bollenti estati romane. Come dire, attori prima e spettatori poi, fruitori , come si usa dire, delle proprie stesse semine, nel bene e nel male come sempre avviene nella vita, in questo caso nel bene! Mi si riempie il cuore pensare che una insegnante coltivi anche quella terra che chiamiamo anima e che troppo spesso viene dimenticata o anche solo messa in secondo piano rispetto al tanto altro che inonda e disequilibra la crescita dei bambini in questo tempo. Ecco, qualche decina di metri avanti, una panchina libera. La raggiungo con il desiderio di lasciarmi andare a qualche decina di minuti di relax in questa mattinata con il cielo quasi sereno e la prima brezza primaverile. Già, penso d'un tratto, proprio questa mattina si fissa l'equinozio di Primavera e per me,che coltivo ancora il credo degli antichi greci che sostenevano che Natura fosse il vero ed unico riferimento del nostro essere, non è cosa di poco conto. Il tempo di lasciare lo zaino e sedermi sulla panchina. Prendo dalla tasca sinistra della giacca a vento il telefonino e guardo l'ora. Sono le 11 e 29 ! Mi illumino e mi commuovo quasi. Ora e minuto preciso dell'equinozio..... E rimango immobile, per quel minuto che separa il passato inverno dalla ormai sopraggiungente primavera. Un breve e quasi insignificante attimo che separa e insieme unisce i due eventi, i due tempi. Come i muretti in campagna costruiti per definire le proprietà dei contadini: dividono e insieme uniscono. Sembra quasi un paradosso ma è uno dei tanti significati nascosti del nostro vivere, nel quale spesso c'è ogni cosa e, insieme, il suo contrario. Resto in silenzio, concentrato su me stesso e sul tutto che mi circonda. Percepisco la brezza già tiepida che mi avvolge, il calore appena accennato del sole, il canto gioioso e quasi liberatorio degli uccellini, il calpestio ritmico del terriccio asciutto di chi sta camminando in quel tratto di sentiero, lo scorrere lento dell'acqua del ruscello, lo sferragliare lontano del treno che passa dietro i ruderi.... E percepisco tutto e tutti ed ogni cosa ed ognuno che non vedo e non sento ma che è, in questo posto come sempre anche altrove, a fianco a me e dentro di me e tutto attorno a me. Chiudo gli occhi e mi abbandono al sonnecchiare , con la testa penzoloni e la bocca aperta sicuramente, proprio come non vorresti mai che qualcuno ti vedesse.... da " Racconti" (rs) Foto salvata

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