giovedì 24 maggio 2018



DIETRO LA PORTA



Mi domandi perché ti ho chiesto di incontrarci.
E subito mi guardi con occhi quasi indagatori, mi osservi, a voler percepire ogni mia più istintiva e minima reazione, in attesa che io risponda.
Stai scrutando nella mia anima, attraverso questi miei occhi ormai stanchi e non per questo meno avidi di nuovo e di mistero.
Sono trascorsi molti anni dalla nostra storia d’amore, passata come una meteora nel cielo delle nostre esistenze e vissuta ai limiti del paradiso o dentro ad esso, come a me ancora oggi appare, e come ricordo con questo brivido che pervade il tutto che sono.
Taci. Mi osservi. Il dubbio si fa strada.
Un misto tra paura e rabbia. Lo intuisco dai lineamenti del viso su cui sono disegnati i tratti di un dolore che riaffiora, di un abbandono passivo, senza resistenze, come una foglia trascinata via dalla corrente ritorna a galla e viene cullata dalla quiete ritrovata delle acque. Ma è sola, dispersa, e altro non può fare che lasciarsi trasportare, chissà dove.
Abbasso per un attimo lo sguardo. Mi pare che il tuo esile corpo frema come attraversato da una energia inaspettata che mi ricorda la stessa che ci scambiammo nell’aula di scuola di quell' antico palazzo prospiciente il mare di Genova.
Un sussulto.
Di nuovo mi domandi: “ Perché mi hai chiesto di incontrarci? ”. E incalzi : ” C'è qualcosa che mi vuoi dire?”
In quell’attimo che introduce al mio risponderti, vivo la visione di noi seduti nel prato alle pendici dell’ Àntola, l’erba già alta quanto bastava perché ci accarezzasse fino alle spalle, la casetta di legno ricovero di attrezzi agricoli a ricordare qualche presenza, il sole già tiepido a riscaldare l’aria di una primavera che sarebbe stata anche la mia, del mio ritrovarmi nell’amore della giovane donna che eri - che sei - e già allora così accogliente e consapevole e saggia e anelante alla condivisione di un cammino comune.
E rivivo l’estasi di quel bacio che, volutamente, mi trattenevo dal consegnare al ricordo indelebile della tua bocca perché tu potessi provare fino al culmine tutta la religiosità di quel momento e per allungare l’attesa del primo incontro con le tue labbra, come si fa prima di scartare un regalo atteso da sempre, dilatando per un poco - e per un poco ancora- il tempo, e gioirne appieno nel tenerlo infine tra le mani.
C’è un cielo così terso oggi ed un sole così brillante che illumina di una luce abbagliante l’erba di queste dolci colline del Monferrato, dove sei venuta ad abitare. Il tuo vestito di cotone bianco, appena mosso da questa brezza che sale sul finire del mattino, lascia scoperte le ginocchia e fa intravedere appena quel seno che ricorda boccioli di rose che solo mani delicate hanno facoltà di accarezzare. I capelli finissimi e di nuovo lunghi fino alle spalle sono un’aurea corona all’ovale del tuo viso nel quale il colore dell' acqua marina dei tuoi occhi sempre attrae e confonde e rapisce.
Quasi mi perdo dentro a questo momento e mi riprendo ora che mi sfiori appena la mano, con un gesto quasi casuale e che sento amico, di più, affettuoso, quasi a rassicurarmi nell’attimo stesso in cui mi induci ad aprire il mio cuore.
“ Si, ho cose da dire…che mi sta a cuore dire”, inizio non senza un poco di timido imbarazzo.
"Da dire a te, a me , a noi. Non ne ho avuto il tempo allora, frastornato come ero dal dolore che un incalzare di eventi a noi ostili mi aveva allontanato dalla rotta che insieme, improvvisati marinai sulle acque ancora agitate dei nostri destini, avevamo deciso di intraprendere.”
Camminiamo ancora su per questa stradina di ghiaia e sassi ed ecco una casa, proprio sulla cima della collina, delinearsi alla nostra vista. Un giardino fiorito nel quale spicca un cespuglio di rosa canina che sembra quasi aggrapparsi alla parete in sassi e mattoni e disegnare una improbabile figura di cuore che pare sanguinante. Il cancello in ferro battuto, solo un poco arrugginito, è appena accostato.
Il tempo di entrare e compiere alcuni passi verso la porta color verde bottiglia, con qualche crepa nella vernice, una serratura a chiave di quelle antiche, e mi accorgo all’improvviso di essere solo.
Penso che tu potresti essere rimasta fuori dal cancello: ma senza che me ne sia accorto?, mi domando. Nemmeno il tempo di voltarmi a guardare e sento lo scricchiolio della porta che si apre lentamente.
Istintivamente mi avvicino fino a ritrovarmi sulla soglia. Mi pare che la stanza, dentro, sia buia, forse per contrasto con la luce del sole che inonda di taglio la casa.
Un attimo ancora e quasi urlo preso alla sprovvista da un senso di angoscia per vederti ora lì dentro, io che ti pensavo fuori dal cancello.
Un istante che sembra un’eternità, un istante durante il quale rivedo - e rivivo- attimo per attimo il tutto ed ogni cosa che è stata tra noi.
E mentre tutto questo accade, ecco, mi sveglio di soprassalto, nemmeno riesco a muovermi nel letto, le lenzuola a coprirmi solo parzialmente le gambe, una sensazione di freddo che mi pervade.
Mi copro, riprendo lentamente coscienza mentre le prime luci dell’alba portano i rumori amichevoli della natura con le sue voci e le sue vite che ricominciano a proporsi al giorno che viene.
Mi metto a sedere sul letto e cerco di ricordare il sogno nei dettagli. E mi interrogo su che cosa potessi essere sul punto di dirti, rispondendo alle tue domande. E intuisco che, rispondendo a te, rispondo a me stesso, indagando nel profondo di allora e di ora.
Si, sono certo, ti chiederei di incontrarci per pronunciare finalmente quella stessa esortazione che fu tua rivolta al me di allora: “Sono tornato, adesso sono pronto”.
E aggiungerei con tutto me stesso: “Sono pronto a sperimentarmi con te, finalmente libero da qualsiasi condizionamento. Sono pronto a sperimentarmi con la persona che sei, perché finalmente sono pronto a sperimentarmi con la sincerità, l’altruismo, l’accoglienza,il senso dell’impegno praticato nel quotidiano, il desiderio dello scambio di amore romantico e di amore sensuale, la maturità complessiva, che sono il tutto, appunto, che tu sei.
E sono infine pronto a sperimentarmi nello scambiare con te tutta l’energia buona che ha accompagnato per quel tempo il nostro amore speciale e che, da allora, ha sempre continuato a rinnovarsi, contribuendo anche a rendere meno faticoso il mio cammino.
E adesso è ormai ora che mi alzi.
Ti mando un bacio, mia amata.








https://youtu.be/AG9ujljNxQI