giovedì 1 giugno 2017


LA BIRO D'ORO

...e tutto quello che so, amor mio - del niente che so e che sempre ho saputo di non sapere- è che fin dal primo attimo in cui ti vidi nei sotterranei di quella clinica in cui il fato stabilì il nostro incontro sublime, io ho desiderato e voluto ardentemente portarti con me fuori dal tempo e dallo spazio, fuori dalla ragione che ci aveva ingabbiato per anni e anni e anni moltissimi ancora.
Tu hai avuto il coraggio o l'incoscienza se preferisci - o entrambi- di darmi la mano e di seguirmi in territori di follia.
Della follia divina d'amore, in cui albe e tramonti si accavallavano quasi, perché i giorni e le notti bruciavano in un istante la loro durata quando ci abbracciavamo persi e abbandonati e fusi insieme al nulla e al tutto dell'universo.
Abbiamo scalato ansimando le montagne della passione di Eros, siamo saliti su vecchie piroghe instabili per discendere la corrente del fiume. Abbiamo navigato su mari calmi di acque cristalline, portati da una flebile deriva sulla zattera di tronchi e liane che ci eravamo costruiti negli anni delle nostre solitudini. E quando il grande e quasi sconfinato mare oceano mostrava la sua rabbia incontenibile, ci siamo stretti e abbiamo resistito sferzati dalle onde e dal vento senza mai cedere alla paura dell'ignoto che sembrava come accanirsi contro di noi.
Abbiamo corso a perdifiato lungo i pendii erbosi ed assolati della spensieratezza ingenua dei bambini che aprono lo sguardo al mondo e nel contempo gettano,nel loro correre, la loro genuina essenza ancora non contaminata dalle regole e dalle convenzioni.
Ci siamo riposati sotto la grande quercia cresciuta quanti secoli prima, chissà, sul crinale del Monte Olimpo e abbiamo partecipato al banchetto nuziale organizzato dagli dèi in nostro onore, inondati dai profumi di incenso, con morbide carezze di olio di lavanda e baci succosi come acini di uva maturata al sole di Apollo.
Ci siamo cibati del nettare delle nostre più profonde intimità, tanto familiari da indurci a credere- e forse è davvero così- che ci fossimo già conosciuti, chissà quando , chissà dove, sotto quali sembianze che non ci fosse dato di ricordare per il mistero che l'oblio stabilisce e a cui obbliga,con il bagno nudi nel sacro Lete, prima di riprendere il nuovo cammino.
Per ciò stesso ti scrivo, per dichiararti ancora una volta, l'ultima, la mia gratitudine.
Ora sei ritornata nel tuo mondo, dove la ragione regna con solo qualche fugace e silenzioso e nascosto sconfinamento.
C'è sempre un tempo che va e, subito, un altro tempo che viene.
Ma se volessi immaginare di rituffarmi nel tempo della follia d'amore, allora ricorderei quello in cui un filo sottile ci univa senza legarci. E lo stesso filo ora si dipana e si perde quasi nel labirinto dell'esistenza e dell'assoluto e che basterà seguire per ritrovarci qui o chissà dove e quando e sotto quali nuove sembianze che Cupido ci aiuterà a svelare ancora, armando il suo arco e scoccando la freccia fatale.
Che il tuo e il mio sia un cammino di luce, la stessa che ci ha illuminato e scaldato per questo tempo così breve da sembrare un istante e così dilatato da sentirlo come eternità.
Buon cammino, amor mio, ti scriverò e scriverò ancora, parole d'amore modellate con la biro d'oro che fu il tuo regalo più simbolico che mi facesti per stabilire il senso della nostra Accademia.

da "Racconti"

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